Intervista alla Dott.ssa Carla Bruschelli, che lavora come Medico di Famiglia a Roma ed è attiva nel campo della ricerca e della formazione in Medicina Generale. Su invito dell’Istituto di Medicina Generale e Public Health di Bolzano, il 31 maggio 2022 ha tenuto un seminario per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale dal titolo “La Medicina Generale quale specialità in Cure Primarie: dalla semeiotica alla diagnostica e telemedicina in un percorso manageriale di prevenzione e cura della Persona“.
“La Dott.ssa Carla Bruschelli lavora coma Medico di Medicina Generale da quasi 30 anni a Roma con grande competenza ed entusiasmo. Da sempre è molto impegnata nella formazione, ricerca e divulgazione ed è un presenza costante nei programmi RAI di divulgazione sanitaria come Elisir, nei quali rappresenta con garbo ed eleganza la categoria professionale dei Medici di Medicina Generale“. Giuliano Piccoliori, Responsabile Scientifico dell’Istituto di Medicina Generale di Bolzano
Intervista realizzata da Patrick Rina
Patrick Rina: Quale dovrebbe essere il ruolo futuro dei Medici di Medicina Generale?
Carla Bruschelli: Esattamente lo stesso di prima, quel “ruolo” ancora mai definito di “direttore d’orchestra” in un contesto di multidisciplinarietà, Medico della Persona nella sua complessità con compiti anche manageriali di utilizzo delle risorse e gestione a 360 gradi della Salute intesa come mantenimento del Benessere dei sani (prevenzione) e miglioramento della salute dei malati (Predittività, Cura, Assistenza).
Per citare una Sua lettera pubblicata su quotidianosanita.it, Le chiedo: Medici di Medicina Generale o Medici di Cure Primarie? Cosa andrebbe valorizzato dalla mano pubblica?
Il ruolo del Medico di Cure Primarie si inserisce in un contesto più evoluto di Medicina Territoriale, che tenga conto della realtà dei bisogni di salute e della de-ospedalizzazione delle cure, e su questo si dovrebbe investire, per destinare alla sola Acuzie – la fase acuta di una malattia – il contatto con l’Ospedale, cui dovrebbe rivolgersi meno del 20% dei Cittadini.
A Suo avviso c’è il rischio che la figura professionale del Medico di Medicina Generale possa lentamente scomparire?
Purtroppo non è impossibile, se si concederà a sistemi sanitari privati di sostituirsi impropriamente all’Assistenza pubblica continuativa, ignorando il cambiamento verso la cura della multimorbidità a domicilio e la revisione dei criteri di diagnostica.
Che importanza avrà in futuro la comunicazione diretta e “a bassa soglia” tra medico e paziente?
La comunicazione attraverso i secoli – da Ippocrate ad oggi – rappresenta un cardine del percorso di cura, deve anzi essere valorizzata ancora di più in termini di qualità perché solo con una efficace comunicazione basata su stima e fiducia bilaterale si raggiungono completezza anamnestica e alleanza terapeutica per gli obiettivi di prevenzione e cura.
La telemedicina potenziata per Lei è da considerare un campo d’azione centrale per i Medici di Medicina Generale?
Certamente rappresenta uno strumento utilissimo non di sostituzione al rapporto diretto o alla visita tradizionale ma un compendio anche da condividere con Specialisti in considerazione dei Follow Up.
In molte realtà italiane c’è carenza di Medici di Medicina Generale, nella sola provincia di Padova ne mancano ben 100. Secondo Lei in che modo si potrebbero trovare delle soluzioni lungimiranti?
I numeri in realtà sono discrepanti tra Medici laureati e posti vacanti, con un eccesso di Medici laureati e fughe in altri Paesi. Evidentemente la carenza dei MMG è dovuta a meccanismi di scarsa adesione a questa disciplina, poco remunerata nelle borse di studio, con troppe incertezze di operatività definita nel futuro e persino scarsa considerazione (per mancanza del già citato ruolo definito) da parte degli Specialisti e degli stessi cittadini. Sono evidenti a tutti gli attacchi mediatici alla Medicina Generale incorsi negli ultimi anni, con risultati devastanti sul profilo professionale dei Medici. Più che mancare Medici manca il supporto territoriale per accoglierli.
La Fimmg (Federazione Italiana dei Medici di Famiglia) del Veneto si pronunzia a favore di microteam di medici operanti sul territorio che possano riunire almeno cinque professionisti. Questa potrebbe essere una soluzione efficace?
Potrebbe – ma solo in parte: i Microteam devono comunque prevedere un coordinamento da parte del Medico di Medicina Generale (MMG) e presenza soprattutto di personale amministrativo ed infermieristico a supporto, per lo svolgimento di mansioni consone all’attività infermieristica che ancora oggi vengono esautorate dai MMG. Soprattutto occorre una semplificazione delle procedure prescrittive con deburocratizzazione che sottrae risorse.
A Cervia in Emilia-Romagna un medico pensionato deve colmare le lacune dovute alla penuria di Medici di Medicina Generale, al contempo in tutta Italia molti neolaureati fanno fatica ad inserirsi nel contesto lavorativo dei medici di famiglia. Che fare?
La programmazione purtroppo doveva essere sviluppata già da un decennio poiché era già nota la imminente necessità di un ricambio. Certamente la pandemia ha generato disagi aggiuntivi e burn-out da richieste amministrative assillanti nonchè carichi sui MMG di sostituzione alle attività ospedaliere stornate dall’urgenza Covid tali da accelerare il congedo di MMG più del previsto. La soluzione di prolungare la permanenza di ultra settantenni e ancor più di concedere convenzioni a giovanissimi al primo anno di formazione indica il totale fallimento del sistema organizzativo e contribuisce maggiormente a dequalificare la disciplina, trasferendo l’erroneo messaggio che tanto anche un neolaureato non formato può svolgere appieno i compiti del Medico di Cure primarie. Personalmente ritengo che, anche se temporaneamente, un affiancamento retribuito ad hoc dei giovani in formazione ai MMG aumentando il massimale degli stessi e fornendo i MMG di assistenza infermieristica e amministrativa, si potevano affrontare emergenze, in attesa di completamento della formazione dei giovani, che così non si troverebbero completamente soli a dover avviare una attività per altro libero professionale bensì a lavorare accanto ad un Senior, acquisendo professionalità e autonomia decisionale.
Su quale percorso formativo pre- e postlaurea dovrebbe fondarsi la “nuova” Medicina di Famiglia da Lei prospettata?
La Medicina di Cure Primarie deve prevedere una specialità universitaria di almeno 4 anni e dunque un pre-insegnamento nel corso di laurea a scopo conoscitivo, per facilitare scelte consapevoli da parte dei neolaureati. La specialità deve comprendere percorsi formativi idonei al ruolo tanto atteso, da condividere tra Universitari e Medici del territorio con adeguato core curriculum, in cui si sviluppino temi fondamentali per un Medico di Cure primarie quali Metodologia Clinica, Semeiotica (= disciplina medica che ha per oggetto il rilievo e lo studio dei segni che orientano verso la diagnosi), Comunicazione, Farmacologia Clinica, Informatica e Telemedicina, Diagnostica strumentale di primo livello, Management del territorio, Ricerca e Audit.
Si può rendere più accattivante il percorso di formazione e l’attività professionale di Medicina Generale?
Certamente, tutto è migliorabile: un’offerta formativa più ricca di temi clinici pratici, di opportunità di ricerca indipendente, di interazione fattiva con altri Specialisti ed anche maggiormente gratificata dal punto di vista economico potrebbe stimolare a nuove iscrizioni. A mio avviso anche privare la formazione della ingerenza delle Regioni aiuterebbe, trasformando appunto in Dipartimento di Cure Primarie la sede responsabile e non più le Regioni.
Il Governo, attingendo ai fondi PNRR, metterà a disposizione delle Regioni e Province autonome 34 milioni di euro per 900 borse aggiuntive per la Medicina Generale. Questa somma basterà? Che cosa si aspetta da questa misura?
Non basta ma è un buon inizio. Questi fondi, che ricordiamo sono un prestito e non sono a fondo perduto, devono essere valorizzati investendo bene nel formare appunto una generazione di Medici territoriali in grado di assorbire i bisogni di salute di circa l’80% della popolazione, e quindi da distribuire tra Prevenzione, gestione delle Acuzie e gestione delle Cronicità, includendo in queste anche la disabilità temporanea o permanente e le cure di fine vita, e da svolgere in ambiente medico o a domicilio del Paziente.
La spaventa la visione ospedalocentrica e iperspecialistica dell’assistenza sanitaria?
Certamente è quanto dista maggiormente dal modello ippocratico di medicina che ancora oggi è insito nel nostro Giuramento. Esiste il Malato e non la malattia, sottovalutare la complessità della multimorbidità e ad esempio anche le interazioni ed effetti avversi delle politerapie, ha dimostrato di essere criterio inappropriato di cura e conseguentemente fonte di dispersione delle risorse. Solo la visione globale del rischio di una singola Persona con caratteristiche del tutto individuali, e quindi al di là del riconoscimento delle Linee guida nei percorsi diagnostici quale strumento di comune linguaggio, consente di agire secondo appropriatezza clinica. Si deve ridefinire quindi che la Buona Pratica Clinica si esplica soprattutto attraverso il giusto profilo individuale di cura.
In Provincia di Bolzano fino al 2026 con i fondi del PNRR verranno realizzate dieci “Case della Comunità”. A Suo avviso potrebbero incrementare la qualità delle prestazioni sanitarie?
Se ben concepite, strutturate ed organizzate possono fornire servizi sanitari di buon livello, ma devono essere realizzate a misura di Cittadino e coordinate da MMG, conservando il rapporto individuale Medico-Paziente qualora richiesto dal Cittadino, e facilitando l’assorbimento delle liste di attesa per tutte le prestazioni di primo livello, dalle visite alla diagnostica, accessibili in ambito extra-ospedaliero.
In collaborazione con i sindacati di categoria, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ha lanciato un manifesto per promuovere una nuova assistenza medico-sanitaria in Italia. Cosa condivide di questi 20 punti?
Condivido appieno alcuni punti quali la necessità di una deburocratizzazione, della valorizzazione del ruolo sociale del Medico, della tutela dei diritti soprattutto delle Donne Medico, e la necessità di una revisione dei percorsi di formazione e la fattiva integrazione con altre figure sanitarie.
Infine, mi conceda una domanda “personale”: Da dove nasce la Sua passione per la Medicina?
In primis da una predisposizione alla lettura della Filosofia e delle Scienze, ma fu un episodio particolare a rafforzare la scelta in prossimità della maturità classica. Fui testimone di un attentato politico alle Forze dell’Ordine negli anni cosiddetti “di piombo”, e d’istinto, invece di fuggire come tutti, mi precipitai verso chi era ancora vivo per soccorrerlo, in attesa delle ambulanze. Fu il momento in cui pensai che forse era quello il mio destino, possedevo delle caratteristiche sino ad allora non chiare, e potevo dedicarmi ad una formazione mirata scientifica ma anche operativa, pratica, una Medicina completa a contatto con la Persona, il suo vissuto, una disciplina dove non c’è solo Scienza ma molto altro, come la Coscienza, l’Etica, l’umanizzazione delle cure, e la libera scelta del Medico di fronte alle innumerevoli variabili che le circostanze presentano. Se la Medicina fosse solo Scienza, saremmo altrimenti sostituibili con robot. Invece è una Arte, probabilmente la più coinvolgente, ed ancora oggi, dopo oltre quarant’anni, ne resto affascinata.
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