Siamo usciti dalla pandemia con qualche conoscenza in più sulla nostra salute rispetto al passato. I meccanismi di trasmissione delle malattie infettive ci sono diventati familiari, qualcuno di noi è riuscito a farsi un’idea del funzionamento della ricerca clinica (e dell’importanza che sia adeguatamente finanziata) e c’è chi ha addirittura capito cosa sia il numero di riproduzione di base: ma sì, il fatidico “erre con zero” (R0). Ma ci fidiamo del medico più di ogni altro? Ne parla il sito d’informazione medico-sanitaria dottoremaeveroche.it.
Un articolo di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)
Questo è un articolo tratto da dottoremaeveroche.it. Il sito offre alla popolazione un’informazione accessibile, scientificamente solida e trasparente, e ai Medici strumenti comunicativi nuovi. Dottoremaeveroche.it collabora regolarmente con l’Istituto di Medicina Generale e Public Health di Bolzano per pubblicare e divulgare informazioni sanitarie.
C’è una consapevolezza che unisce un po’ tutti: in giro c’è un sacco di disinformazione sulla salute. In alcune nazioni questo è un problema particolarmente sentito e negli Stati Uniti sono stati appena pubblicati sulla rivista dell’associazione dei medici statunitensi – chiamata JAMA – i risultati di un’indagine su un campione rappresentativo di cittadini che hanno messo in luce alcuni aspetti interessanti di questa questione [1].
Dottore, di cosa si tratta?
Un’organizzazione no-profit molto nota negli Stati Uniti che si occupa di politica sanitaria – un tempo si chiamava Kaiser Family Foundation e oggi semplicemente KFF – ha tenuto sotto controllo l’esposizione all’informazione sulla salute e le convinzioni dei cittadini relativamente a Covid-19, alla violenza da arma da fuoco e alla salute riproduttiva.
Dati gli argomenti caldi, con risvolti politici non trascurabili oggi negli Stati Uniti, è probabile che questo sondaggio avrà una forte eco in quel Paese. Ad ogni modo, un team dei ricercatori è risalito a dove le persone si procurano le notizie e di quali fonti di informazione sulla salute si fidano.
Cosa hanno scoperto?
Una prima notizia è che ci fidiamo dei medici, a prescindere dal nostro orientamento politico. Per essere più precisi, il 95% delle persone che dichiarano di votare per il Partito democratico statunitense ha dichiarato di fidarsi del proprio medico quando gli chiede consigli in materia di salute. Lo stesso vale per chi vota per il Partito repubblicano alle elezioni statunitensi.
Dottore, ma non le sembra scontato?
Non proprio, perché c’è una novità importante rispetto a quel che avevano mostrato altre ricerche simili, sempre condotte negli Stati Uniti. Quegli studi ci dicevano che le persone con un orientamento politico conservatore hanno meno fiducia non solo nella ricerca scientifica ma anche nelle persone che la svolgono [2]. O meglio, ed è una differenza non trascurabile: che le persone che hanno meno fiducia nella ricerca scientifica (e che soffrono alcune politiche di sanità pubblica, percependole come un’intrusione nelle libere scelte del cittadino) è più probabile che votino per un partito conservatore. Ma, come dicevo, lo studio della KFF spiega anche altre cose.
Può farmi un esempio?
La maggior parte delle persone ha una discreta fiducia nelle informazioni sanitarie che arrivano dal Governo, ma la percezione della credibilità delle diverse istituzioni governative varia a seconda dell’inclinazione politica dei cittadini. Ad esempio, l’87% di chi vota democratico ha dichiarato di avere fiducia nei Center for Disease Control and Prevention (i CDC sono un’agenzia federale che si occupa di prevenzione e sorveglianza sulla sanità pubblica negli USA) ma questa fiducia è sentita da meno del 50% dei repubblicani.
Quindi – calcolatrice alla mano – se la metà dei cittadini statunitensi vota repubblicano e la metà di loro non si fida delle indicazioni che riceve da un ente come i CDC, possiamo pensare che uno statunitense su quattro potrebbe non seguire le raccomandazioni del Governo in tema di salute.
C’è da preoccuparsi?
Dipende. Sì, se pensiamo che il 96% dei partecipanti al sondaggio pubblicato sul JAMA ha riferito di aver sentito parlare della relazione (falsa) tra i vaccini contro il morbillo-parotite-rosolia e l’autismo o dell’efficacia (mai provata) dell’ivermectina contro Covid-19.
Ma è anche vero che in tanti ascoltano informazioni errate ma in molti non credono siano vere. Inoltre – ed è la vera buona notizia – l’ultimo anello della catena della comunicazione e il più prossimo alla persona è il medico e questo è un grande argine alla disinformazione, arrivando da lui informazioni equilibrate e basate sulle prove che derivano dalla più rigorosa ricerca scientifica.
Quindi la relativa sfiducia nei confronti dei cosiddetti “esperti” non coinvolge anche il medico?
È una domanda a cui hanno dato una risposta gli autori di un altro studio recente [2]: di una persona che ha a che fare con l’attività di ricerca – e l’attività clinica del medico è sempre orientata alla ricerca – viene apprezzata l’esperienza e la capacità di risolvere anche problemi pratici più ancora della competenza. In altre parole, il “saper fare” rende una persona più credibile.
In più – e questo ce lo ha detto un altro studio recente – il medico prescrive esami e più in generale un percorso diagnostico per assicurarsi che i suoi sospetti siano corretti: pensiamo ad esempio a un’ipotesi diagnostica che ha bisogno di conferma attraverso un esame del sangue o una risonanza magnetica [3]. Noi pazienti percepiamo questi test come conferma dell’approccio individualizzato del medico ai nostri problemi e vediamo l’insieme della strategia di cura proposta dal nostro medico anche come una sintesi tra il suo sapere, la competenza, e il suo vissuto professionale, la sua esperienza.
Dovremmo sempre ricordare che una dose d’incertezza è quasi sempre presente. “Questa consapevolezza non deve essere paralizzante”, hanno scritto recentemente Howard Bauchner e John Ioannidis [4]; nonostante la ricchezza della letteratura e il disorientamento che possono causare le diverse interpretazioni, le decisioni sulla salute possono ancora essere prese alla luce delle migliori evidenze disponibili, una volta che le preferenze del malato ed eventuali distorsioni di valutazione causate da pregiudizi siano state attentamente considerate.
Tornando alla mia curiosità iniziale: dunque del nostro medico continuiamo a fidarci?
Sì, per il mix unico di conoscenze, competenze, esperienza e principi etici che lo caratterizza.
Autrice
Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
Bibliografia
- 1 . Suran M, Bucher K. “False health claims abound, but physicians are still the most Trusted Source for Health Information”. JAMA. Published online April 26, 2024
- 2 . Pew Research Center. “Science and scientists held in high esteem across global publics”. Pubblicato il 29 ottobre 2020
- 3 . Moon YE, Roschke K, Nelson JL, Lewis Sc. “People’s (mis)trust of doctors can help us understand this (mis)trust of journalists”. NiemanLab 2023; 11 ottobre
- 4 . Bauchner H, Ioannidis JPA. “The subjective interpretation of the medical evidence”. JAMA Health Forum 2024;5(3):e240213
Wichtig zu wissen: Die einzelnen Artikel des Gesundheitsblogs des Instituts für Allgemeinmedizin und Public Health Bozen werden nicht aktualisiert. Ihre Inhalte stützen sich auf Forschungsergebnisse und wissenschaftliche Belege, die zum Zeitpunkt der Veröffentlichung verfügbar sind. Gesundheitsinformationen aus dem Internet können eine persönliche ärztliche Beratung nicht ersetzen. Informieren Sie Ihren Hausarzt oder Ihre Hausärztin über mögliche Beschwerden. Weiter…